Scritto da Vittorio Parisi | giovedì, 5 giugno 2014 · Lascia un commento
Professor Freedberg, ci tolga subito una curiosità: come nasce in uno storico dell’arte – figura tradizionale, solitamente poco incline a certe “contaminazioni” – l’interesse per le neuroscienze, una disciplina sulla carta tanto distante? Vero. Io ho studiato storia dell’arte in modo tradizionale e ho inaugurato la mia carriera scrivendo di autori più e meno conosciuti, facendo un intenso lavoro di documentazione e ricerca: da storico, insomma. Poi, dopo i miei primi studi sull’iconoclastia, ho iniziato a nutrire un interesse sempre crescente per le reazioni – corporee, emotive, sessuali ecc. – alle immagini, che gli esseri umani hanno sempre manifestato nel corso delle varie epoche storiche. Questo interesse mi ha portato quindi a scrivere Il potere delle immagini: qui l’idea maestra era di tracciare i sintomi delle risposte alle immagini attraverso i secoli. Nei primi Anni Ottanta, epoca in cui ho iniziato a lavorarci, lo studio filosofico delle emozioni si basava sull’idea che queste ultime non potessero essere razionalizzate. Io, al contrario, ho sempre pensato che fosse lecito mettere in relazione le risposte emotive con quelle corporee e viscerali. Con Il potere delle immagini, però, ancora non avevo avuto modo di capire il funzionamento vero e proprio di risposte come il riso, le lacrime o l’eccitazione sessuale. Una volta individuata la sintomatologia di risposta alle immagini, per mettere ordine nello studio delle emozioni non mi rimaneva che tracciare le basi neuronali delle risposte alle immagini. Ed è qui che mi sono venute in aiuto le neuroscienze.
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