Scritto da Egidio Emiliano Bianco | lunedì, 29 settembre 2014 · 1 commento
Marc Chagall – La coppia sopra Saint‐Paul, 1968 © Chagall ®, by SIAE 2014
Accade che la pittura letteraria di Marc Chagall (Vitebsk, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) venga a volte descritta come una specie di fantastica filastrocca, dove compaiono mucche e innamorati volanti. Tutto incantevole, certo, se non fosse che la lettura della monumentale parabola chagalliana, se compiuta esclusivamente in una dimensione “filastrocheggiante” dell’arte e non ben interpretata, rischia di trasformare mucche e violini, nella loro ridondanza, stanchi tipi stereotipati, quasi fastidiosi. Un pericolo in cui non sembra incorrere la grande retrospettiva organizzata a Palazzo Reale nel percorso tracciato dalla curatrice Claudia Zevi secondo una lineare e sicuramente esauriente cornice storico-critica, impreziosita da numerosi capolavori e completata dall’imperdibile pendant espositivo al Museo Diocesano sul rapporto dell’artista con la Bibbia. La passeggiata (1918-19) è fuori di dubbio uno dei suoi dipinti più celebri: scelta come immagine-guida della mostra e valorizzata nell’allestimento, allieta l’osservatore che ne percepisce, come una carezza, la sublimazione lirica dell’amore con la prima moglie Bella. Emerge nella Parigi delle avanguardie, solo sfiorate e mai fatte proprie, il fiero ricordo dell’infanzia, dove forme mnestiche assumono crescente forza simbolica e proiettano la reminiscenza delle radici culturali ebraiche sull’orizzonte della Madre Russia. È la descrizione del paese dell’anima quella che compare in Sopra Vitebsk (1914) e nell’ancestrale e tagliente Ebreo in Rosa (1915). Va sottolineato come l’attitudine di Marc Chagall verso il mondo, contrariamente a quanto potrebbe apparire, è estremamente realista e la realtà, anziché dall’esterno, viene penetrata e fatto proprio dall’interno, dal verso dello spirito e non della scienza.
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