Primo tempo. Manifestazione neofascista. Saluti romani e bandiere con croci celtiche. Tutto al rallentatore. C’è anche un giovane Alemanno che parla da solo, con gli occhi fissi sulla telecamera. La manifestazione diventa un rumore di fondo, mentre lui racconta progetti e piccole utopie: mangiare, bere, pestare la gente. Pausa. I personaggi che circondano Alemanno ora sono immobili. Sembrano congelati. Lui interrompe il silenzio con una frase lapidaria, concepita per condurre lo spettatore a un livello superiore di consapevolezza. E invece è una cazzata. Uno straordinario Toni Servillo interpreta il ruolo di quello che passa di lì per caso, scuote la testa e se ne va.
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