L’11 gennaio 2014, sono 15 anni da che è morto Fabrizio De André. A volte, nel rock, uno muore e questo accidente stravolge la sua identità: tutto quel che aveva fatto viene trasfigurato dalla morte, riletto, mummificato. Ma con De André non poteva essere così: quando morì, la condivisione della sua grandezza era così consolidata che l’unica cosa che la morte vi aggiunse fu una gran tristezza. Era il più rispettato e stimato dei cantautori italiani, meritatamente: uno di cui si poteva dire “poeta” senza essere ridicoli. Così ne scrisse Luca Sofri, il peraltro direttore del Post, per il suo libro Playlist in cui aveva scelto queste canzoni.
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